Tra i vari tipi di tiroiditi (infiammazione della ghiandola tiroidea), l’ipotiroidismo autoimmune di Hashimoto è quella più diffusa a livello planetario.
Colpisce prevalentemente le donne tra i 30 e i 50 anni d’età.
Cause
Le cause possono essere svariate, si va dai fattori genetici a quelli ambientali, alle condizioni di stress o di slatentizzazione dei farmaci (pillola anticoncezionale o antibiotici), per arrivare alla “banale” carenza di iodio nell’alimentazione.
A tal proposito mi preme sottolineare che, per motivi non ancora noti, il sale iodato è inefficace nella prevenzione dell’ipotiroidismo.
Tuttavia la principale causa è da identificarsi nelle infezioni da parte di agenti esogeni (es. Yersinia e Borrelia burgdorferi).
Sintomi
Il principale problema di questa patologia è che ha un decorso asintomatico. Quando poi il soggetto arriva ad una condizione in cui ben il 90% del tessuto tiroideo è distrutto, ecco che i primi sintomi dell’ipotiroidismo, ormai conclamato, iniziano a manifestarsi. Essi sono:
- Letargia e Depressione immotivata;
- Aumento di peso e difficoltà a perderlo;
- Diminuzione della libido;
- Infezioni ricorrenti (candida, cistite);
- Pelle secca, desquamata e di colore arancione (se si eccede nel consumo di alimenti ricchi in β-carotene in quanto il fegato non è più in grado di convertire tale sostanza in vitamina A);
- Dolore articolare e crampi;
- Acne;
- Ipercolesterolemia;
- Perdita di capelli;
- Sensibilità al freddo;
- Osteopenia;
- Irregolarità del ciclo mestruale.
Intestino e tiroide
E’ ormai dimostrata la connessione tiroide-intestino per le patologie autoimmuni. Un’infiammazione del tratto intestinale, dovuta e/o peggiorata da una dieta squilibrata, determina una condizione di leaky-gut, ossia una maggiore permeabilità intestinale ad alimenti e patogeni. Il tratto gastrointestinale ospita il 70% del sistema immunitario e quando la barriera intestinale comincia ad essere infiammata e porosa, le tossine (molecole che non dovrebbero andare in circolo) entrano nel corpo, stimolando la risposta immunitaria a livello sistemico. Gli anticorpi prodotti in eccesso iniziano ad attaccare il tessuto tiroideo distruggendolo e causando la patologia.
Infiammazione sistemica
Una delle principali manifestazioni è la ritenzione di liquidi accompagnata a sistema immunitario depresso e dolore articolare.
Le conseguenze si traducono in una maggiore predisposizione all’ammalarsi e a problematiche osteo-articolari con una sensazione di stanchezza cronica e “foggy brain”.
La soluzione dietoterapica
L’alimentazione può contribuire ampiamente grazie all’applicazione di un protocollo autoimmune.
Cosa escludere:
- Glutine. Prediligere prodotti naturalmente privi di glutine come il pane di grano saraceno ed escludere i prodotti confezionati che riportano sulla confezione la scritta “senza glutine”;
- Caseina e lattosio. Prediligere prodotti naturalmente privi di lattosio come la mozzarella delattosata prodotta in caseificio ed escludere i prodotti confezionati (es. fiocchi di latte) che riportano sulla confezione la scritta “senza lattosio”;
- Legumi, soia; spesso che grano saraceno, quinoa e amaranto (contengono lectine e sostanze che possono interferire con l’assorbimento di alcuni nutrienti)
- Solanacee (melenzane, pomodori, peperoni, patate);
- Uova (il tuorlo è consentito);
- Alimenti ad azione estrogenica (petto di pollo, birra);
- Frutta secca (noci di Macadamia consentite);
- Spezie (sono consentite cannella, zenzero, curcuma);
- Caffè, cioccolato e alcol.
Cosa mangiare:
- Proteine animali (pollame, pesce, carne rossa);
- Riso non integrale;
- Patata americana;
- Brodo di ossa;
- Grassi (olio extravergine di oliva, di cocco, burro ghee);
- Verdura (eccezione fatta per cavolo, cavolfiore, cavolini di Bruxelles, broccoli);
- Frutta;
- Alghe;
- Sale marino integrale;
NB: Dopo un primo ciclo, il vostro dottore vi consiglierà di seguire la comune dieta per ipotiroidismo non autoimmune escludendo completamente glutine e latticini. Va da sé che questo protocollo dev’essere applicato da un professionista che saprà valutare le esigenze particolari del singolo paziente, modulando al meglio i parametri principali del profilo dietetico.
Dott.ssa Michela Capuzzoni