Essere adolescenti è già di per sé difficile… essendo l’adolescenza una fase di sviluppo critica di passaggio dall’infanzia all’ età adulta, caratterizzata da tutte una serie di cambiamenti fisici, fisiologici (spesso motivo di crisi e difficili da accettare!) e dall’apprendimento di competenze cognitive e sociali, necessarie per un pieno inserimento nel mondo adulto.
Basta per attimo ricordare la nostra adolescenza e affiorano alla mente immagini, sensazioni, emozioni, canzoni! Quanti pianti per le delusioni d’amore o per un amico che aveva tradito la nostra fiducia! Quanta rabbia verso i genitori, da cui non ci sentivamo capiti o accettati, rabbia nei confronti degli insegnanti (e c’ era sempre quello che odiavamo di più!)!
Ogni canzone ha rappresentato un momento della nostra vita…di divertimento, cantandola a squarciagola con gli amici o da soli, e di sofferenza, lanciandosi in un pianto liberatorio disperato!
Quante volte ci siam guardati allo specchio e abbiam pensato , “Mamma mia quanto son brutta-o” o “Lui o lei non mi guarderanno mai”! Quanti pensieri negativi, davanti un mondo molto più grande di noi nei confronti del quale, ci sentivamo Piccoli Piccoli, con le nostre paure, preoccupazioni, insicurezze!
Ma, allo stesso tempo, forte era la voglia dentro di noi di vivere grandi emozioni, grandi avventure insieme ai nostri amici, le uniche persone di cui fidarsi! Gli amici …tutto il nostro mondo, la nostra ancora di salvezza nei momenti di difficoltà ed il migliore compagno fedele per divertirsi e combinare “Guai”, ribellandoci alle Regole!
Autolesionarsi (deliberate self-harm- DSH) vuol dire procurarsi ferite sul corpo in modo volontario, ripetitivo ed impulsivo ma non letale, ovvero non associate all’intento di suicidio. Esso include tagliarsi, graffiarsi, bruciarsi, pizzicarsi, provocarsi infezioni, inserire oggetti in ferite, procurarsi lividi e ferite, strapparsi i capelli, e altre forme di dolore fisico auto inflitto. Le parti più colpite sono gli avambracci e le gambe. L’età di esordio è la pubertà. Fenomeno molto diffuso nella nostra società (come ho riscontrato anche nella mia esperienza clinica con gli adolescenti), almeno un adolescente su 12 cerca deliberatamente di ferirsi e sono in particolare le ragazze ad essere autolesioniste, circa il 60% più dei ragazzi. Sulla rete internet girano video e blog dove i ragazzi che praticano tali condotte, urlano il loro dolore, il loro disagio al mondo con la speranza di essere ascoltati, compresi o si incontrano in gruppi virtuali dove l’anello comune è l’autolesionismo.
Ma come appare il mondo agli occhi dei ragazzi che si rifugiano nell’ autolesionismo?
Ricco di paure, rabbia ed emozioni troppo forti da affrontare e gestire, angoscia troppo intensa e insostenibile. Le ferite inflitte sul corpo sono un mezzo estremo con cui lottare contro la sofferenza psicologica da bloccare, da controllare ma soprattutto da non Sentire perché fa troppo male. Preferibile il dolore fisico al dolore mentale…di per sé più sopportabile e controllabile!
In quanto, l’autolesionista non sopporta che la sua sofferenza – che colora per intero la sua vita – possa essere provocata da altri. Egli deve infliggersela da sé, decide lui quando e quanto soffrire, esercitando un controllo sul proprio corpo e sulle proprie emozioni !
Scrive l’antropologo francese Le Breton (2003): “La ferita crea un rifugio provvisorio, che consente all’individuo di riprendere fiato: […] serve a scaricare una tensione, un’angoscia che non lascia più alcuna scelta, nessun’altra risorsa – e di cui l’individuo deve potersi liberare”.
Spesso è un modo per Sentirsi Vivi! In presenza di sensazioni di vuoto, abbandono, di non sentirsi riconosciuti e accettati dagli altri, dicono a se stessi:
“Meglio il dolore fisico che non sentire niente o sentirsi vuoti e inutili!”.
Di fronte alle continue sfide quotidiane che deve affrontare per diventare adulto, l’adolescente riscopre se stesso, afferma la propria personalità e trova sollievo esercitando un controllo estremo sul proprio corpo!
Corpo su cui sono scritti i segni delle sue paure, ansie, preoccupazioni, del suo conflitto interno (voglia di essere indipendente, ma allo stesso tempo, sentirsi ancora dipendente dai propri genitori), e il suo bisogno di essere compreso, visto, accolto e accettato per quello che è, senza giudizio!
“Cominci a prendere a calci la porta. Butti la roba in giro per la stanza, fuori dalla finestra. Non riesci a calmarti. Non sai neppure che cosa ti abbia ridotto in questo stato. Ti pianti le unghie nella pelle del polso. Non senti niente. É come se stessi guardando un film su qualcun altro, non sei tu. Ti togli la camicia, ti guardi allo specchio. Odio, disgusto, frustrazione, rabbia, rimorso. Quasi come in un rituale, senza nemmeno pensare a quel che fai, prendi la lametta… sangue che gocciola. Ci sfreghi su qualcosa di antisettico, lo rifai, fino a quando sei calmo, soddisfatto. Spalmi sangue in giro. É brutto, ma il sangue è reale, è umano, ti fa sentire bene! Al tempo stesso, provi dolore, te lo meriti. Tagliarsi non è un modo per cercare attenzione. Non è una manipolazione. É un meccanismo per affrontare i problemi, punitivo, gradevole, potenzialmente pericoloso, ma efficace. Mi aiuta a sopportare le forti emozioni che non so come gestire. Non ditemi che sono malato, non ditemi di smettere. Non cercate di farmi sentire in colpa, mi accade già. Ascoltatemi, sostenetemi, aiutatemi.”
Dal libro Un urlo rosso sangue di Marilee Strong, 1999
Ma quali sono i segnali premonitori di comportamenti autolesionistici che i genitori devono osservare nei loro figli?
Il soggetto autolesionista cerca di minimizzare e nascondere le ferite sotto i vestiti, raccontando bugie sull’origine delle ferite come incidenti o graffi di animali. Infatti chi decide di autolesionarsi lo fa di solito di nascosto e cerca di mantenere il segreto su questo comportamento, spesso con la complicità degli amici più cari!!!
Gli indicatori dell’esistenza di comportamenti autolesionistici sono:
– vestiti non appropriati alla stagione, come indossare esclusivamente camicie o magliette con le maniche lunghe in piena estate, tendenza a coprire i segni delle ferite con molti bracciali
– macchie di sangue sui vestiti frequenti;
– ferite, lividi o tagli non spiegati;
– possesso di oggetti taglienti (rasoi, lamette, forbici, coltellini, aghi, pezzi di vetro);
– isolamento, come passare molto tempo in bagno da soli;
– irritabilità;
– difficoltà nel fronteggiare emozioni forti;
– rabbia eccessiva o umore depresso;
– mancanza di legami sociali;
– disegni, scritti e altro che hanno per tema il dolore, la tristezza, il ferirsi.
Una volta scoperti tali comportamenti è necessario che venga avvisato prontamente il medico e che venga richiesta una consulenza psicologica. Nella mia esperienza clinica i genitori o gli insegnanti sono i primi che fanno tale scoperta e richiedono una consulenza psicologica. Genitori ed insegnanti, allarmati e spaventati, e disorientati in quanto non sanno come affrontare tale problema con i propri figli o alunni….abbracciateli, accoglieteli…solo così loro si sentiranno compresi nella loro sofferenza e non giudicati!
Solo così potrete veramente sentire il loro “Urlo rosso di sangue” pieno di dolore, di rabbia e voglia di essere visti!
Dr.ssa Annalisa Allocca Psicologa Clinica e di Comunità
Libri consigliati:
W Welch E.T., Autolesionismo: quando soffrire fa star bene, Alfa e Omega, 2009
Rossi Monti M., D’Agostino A, L’autolesionismo, Carocci, 2014
Torchia C., Diario di un ‘autolesionista, Intento, 2014
Marchetti A. , Bragaglia E., Cavalli G., Valle A., Comportamenti a rischio e autolesivi in adolescenza, Franco Angeli, 2013