Ogni amore che viene soffocato dal tempo, che “finisce fuori senza finire dentro”, in realtà continua a vivere nelle lacrime, nelle scarse aspettative che si hanno dalle proprie giornate, dal sole che non è più quello che c’era in quelle estati. E il ricordo non permette di andare avanti, facendo diventare schiavo chi ne entra in balìa, rendendolo dipendente… proprio come da una droga!
In realtà questo dolore che si ripropone sembra avere delle basi neurologiche: la Prof.ssa Helen Fisher ha condotto uno studio, pubblicato sul Journal of Neurophysiology, da cui si evince che, quando una storia d’amore importante finisce, al nostro cervello vengono provocate delle ferite e dei traumi, gli stessi causati dalla dipendenza da sostanze stupefacenti.
Sui volontari che hanno partecipato allo studio (ovviamente si trattava di persone che avevano sofferto per amore) veniva effettuata una scansione con la risonanza magnetica, che ha rilevato come i danni provocati al cervello dall’abbandono corrispondano alle alterazioni in meccanismi celebrali legati all’area del piacere e della ricompensa.
Mentre gli esaminandi eseguivano un compito al computer, sono state date loro delle foto di vecchi amori: una vera a propria tortura dimostrata dalle radiografie fatte alla testa dell’abbandonato, un vero e proprio dolore fisico che si ripresenta anche a distanza di parecchio tempo.
Forse non si muore per amore, ma neanche la dipendenza da un passato che non ritorna fa vivere al meglio…